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“Salario minimo”. Se n’è discusso presso la Biblioteca comunale di Scalea

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“Il salario minimo non è una forma di assistenzialismo. Chi lo definisce così evidentemente non capisce cosa significa ‘dignità del lavoratore’ e non comprende uno dei valori fondanti della nostra Costituzione”. Lo dice il Presidente del Consiglio comunale di Scalea, Gaetano Bruno, al termine dell’incontro tenutosi presso la Biblioteca della Città di Torre Talao.

Il dibattito si è svolto lunedì 13 maggio, nel tardo pomeriggio; al fianco di Bruno e del sindaco di Scalea, Giacomo Perrotta, i rappresentanti della Cgil. Il salario minimo è stato introdotto dalla Giunta comunale di Scalea, proprio su proposta di Bruno. Con tale misura, l’amministrazione si impegna a indicare, in tutte le procedure di gara, che al personale impiegato nei lavori, nei servizi e nelle forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni, sia applicato il contratto collettivo maggiormente attinente all’attività svolta, stipulato dalle organizzazioni datoriali e sindacali; pertanto, ciò porta a prevedere, per il dipendente, un trattamento economico minimo di 9 euro all’ora. Logicamente, il tutto sarà poi verificato da parte dell’Ente ogni sei mesi.

“Il salario minimo – ha spiegato Bruno – non sarà la soluzione di tutti i problemi del mondo del lavoro, ma è un segnale chiaro per partire dalla dignità riconosciuta a chi lavora per arrivare magari ad aumentare il potere d’acquisto delle famiglie e provvedere ad abbassare il costo del lavoro per gli imprenditori”.

Come spiegatoci, dal tavolo sono partiti messaggi chiari, con un attento focus sulla condizione del lavoro presente sul territorio della Riviera dei Cedri. Il salario minimo rappresenta una risposta alla carenza di condizioni eque, a sfavore dei lavoratori, che purtroppo creano precarietà e sfiducia verso il futuro, visto che si è poveri anche se si lavora.

Senza troppi forse, è questa una delle cause principali dell’inarrestabile flusso migratorio che toglie ogni anno, alla Calabria e al Tirreno cosentino, giovani o intere famiglie. Tutto ciò si traduce in un drammatico spopolamento.

“Certo – aggiunge il Presidente del Consiglio comunale di Scalea – alla misura del salario minimo andrebbe affiancata una politica di fiscalità sul lavoro più attenta e meno penalizzante per i datori di lavoro, ma in un territorio dove i lavoratori stagionali sono rimasti una delle poche categorie a generare economia il salario minimo rappresenta davvero la misura dalla quale partire”.

Il comunicato stampa del Presidente del Consiglio comunale di Scalea, Gaetano Bruno

Il salario minimo non è una forma di assistenzialismo. Chi lo definisce così evidentemente non capisce cosa significa “dignità del lavoratore” e non comprende uno dei valori fondanti della nostra Costituzione.
Soprattutto nella nostra Riviera dei Cedri il salario minimo è una misura essenziale per garantire ai lavoratori stagionali del settore turistico e balneare, una paga adeguata e delle forme di ammortizzazione congrue alla permanenza anche durante i mesi invernali nel nostro territorio.
Il salario minimo rappresenta anche un’opportunità per gli imprenditori che lamentano la difficoltà di trovare personale anno dopo anno. Un corrispettivo equo per la quantità di ore di lavoro garantisce la fidelizzazione del dipendente nell’ottica di un rapporto a lungo termine seppur caratterizzato da periodi di “sospensione” che dovranno essere sempre più ristretti e ridotti.
Essere imprenditore non significa guadagnare tanto ma creare ricchezza e benessere. Certo alla misura del salario minimo andrebbe affiancata una politica di fiscalità sul lavoro più attenta e meno penalizzante per i datori di lavoro, ma in un territorio dove i lavoratori stagionali sono rimasti una delle poche categorie a generare economia il salario minimo rappresenta davvero la misura dalla quale partire.
Non dobbiamo dimenticare che negli anni la politica dei professionisti ci ha privato di ospedali e tribunali che non significa soltanto mancanza di cure e di servizi di prossimità ma anche mancanza di posti di lavoro sul territorio e di economia reale
Dovremmo ricordarlo a chi oggi, in vista delle elezioni europee, parla di autonomia differenziata siglando accordi fantasiosi solo sulla base di accordi elettorali e non di programmi politici.
Mentre negli anni passati si è faticato per portare in Italia 209 miliardi di euro del PNRR proprio per colmare i divari tra nord e sud, oggi si porta avanti una riforma che sancirà definitivamente la separazione del nostro Paese in due realtà totalmente distanti sotto tanti profili.
Siamo al paradosso di una classe dirigente che è intenzionata a spendere 13 miliardi per un ponte di 3 km mentre, ad esempio, per la 106 ha 300 chilometri ad una sola corsia e servirebbero soltanto 10 miliardi per renderla una strada a quattro corsie. Un ponte per unire Calabria e Sicilia mentre la Calabria è ancora ben lontana dall’essere adeguatamente collegata al resto d’Italia.
Ma tornando al salario minimo c’è un dato che deve farci riflettere: il 13% delle persone che lavora non ce la fa ad arrivare a fine mese perché le ore di lavoro sono pagate una miseria. Sono i cosiddetti working poor e sono una parte del Paese reale che vive con mille ristrettezze la quotidianità con tutte le conseguenze che possono derivarne.
Il salario minimo è garanzia di dignità e tornando al rapporto con l’Europa è giusto evidenziare che in Germania il salario minimo è 12 euro.
Su questo tema il governo Meloni dopo aver fatto un sondaggio e aver scoperto che anche il suo elettorato era a favore di questa misura, ha demandato all’ex ministro Brunetta l’ardua impresa di argomentare che il salario minimo non era necessario, questo mentre veniva investito di un incarico profumatamente retribuito..
Ma chiediamoci anche dove sono le politiche del lavoro di questo Governo. Qualche anno fa si è fatta campagna elettorale promettendo 1milione di posti di lavoro.
E soltanto tra il 2018 e il 2019 sono stati sottoscritti 1milione 300 mila contratti di lavoro a tempo indeterminato e questo grazie al decreto dignità che ha fatto una cosa semplicissima: rendere il contratto a tempo indeterminato più  vantaggioso dal punto di vista economico per il datore di lavoro di un contratto a tempo determinato.

Allora forse il salario minimo non sarà la soluzione di tutti i problemi del mondo del lavoro ma sicuramente è un segnale chiaro per partire dalla dignità riconosciuta a chi lavora per arrivare magari ad aumentare il potere d’acquisto delle famiglie e provvedere ad abbassare il costo del lavoro per gli imprenditori.

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